Interpretare gli altri basandosi sul loro comportamento: le inferenze corrispondenti

Nell’ambiente lavorativo siamo spesso in contatto con molte persone che abbiamo modo di conoscere solo superficialmente. Come giudichiamo senza avere argomenti razionali?  

Le scorciatoie sono molte, probabilmente la più frequente all’interno di strutture medio/grandi è quella di applicare un criterio induttivo ai vari gruppi. La possibilità di poter estendere all’intero gruppo il giudizio che ho su alcuni membri mi permette di costruire schemi dove collocare le persone con poco sforzo.

Sembra più razionale giudicare la realtà così come la vediamo, è però chiaro che non attendiamo di avere elementi sufficienti e ci costruiamo un’immagine a partire da conoscenze limitate (estendendo alla formazione degli atteggiamenti la teoria di Simon della razionalità limitata sul processo di Decision Making http://en.wikipedia.org/wiki/Bounded_rationality che sicuramente approfondirò in un post futuro).

A volte è sufficiente affidarci a interpretazioni improvvisate, influenzate dalle associazioni e dalle rappresentazioni accessibili al momento, se non abbiamo intenzione o non pensiamo di interagire con una persona.

Caratterizzare una persona come dotata di un tratto di personalità che corrisponde al suo comportamento equivale a trarre una inferenza corrispondente (http://en.wikipedia.org/wiki/Correspondent_inference_theory). Quando l’interpretazione iniziale viene seguita dall’inferenza corrispondente, abbiamo una nostra rappresentazione stabile della persona.

Questo meccanismo spesso è giustificato quando (Jones e Davis – 1965):

  • il comportamento viene scelto liberamente dall’individuo (non deve essere una costrizione)
  • il comportamento ha degli effetti che lo contraddistinguono da altri in corso di azione
  • il comportamento è imprevisto

La tendenza a trarre inferenze corrispondenti errate viene definita errore di corrispondenza o errore fondamentale di attribuzione. In pratica le persone tendono a presumere che i comportamenti osservati riflettano le caratteristiche delle persone anche quando ci sono altre possibili spiegazioni.

Applicando l’errore di corrispondenza al mondo del lavoro, è facile capire che le impressioni che ci formiamo su una persona finiscono per essere determinate dai comportamenti legati alle mansioni svolte.

Se riflettiamo su persone che conosciamo superficialmente nell’ambito lavorativo, ci rendiamo conto che spesso i ruoli definiscono le persone. Una volta creata l’immagine di una persona, lavoriamo per cercare conferme e tralasciamo quello che non ne fa parte. È chiaro che difficilmente una persona molto competente in un ruolo potrà essere considerata dotata anche per uno differente. Il diffondersi di questa immagine può fare breccia anche sulla persona stessa rendendola infine vera (http://it.wikipedia.org/wiki/Profezia_che_si_autoadempie).

(Alberto Viotto)

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