Lavoriamo per vincere o per non perdere?

La paura della sconfitta è un sentimento umano e normale in quanto collegato al naturale istinto di autoconservazione. Diventa quindi automatico utilizzare questi meccanismi istintuali per le nostre decisioni anche in campo lavorativo. In questo contesto, però, significa che la nostra paura di perdere di solito supera il nostro piacere per la vittoria. La capacità di assumersi dei rischi è parte delle caratteristiche fondamentali di un imprenditore di successo, se il rischio e calcolato e correttamente gestito.

A livello organizzativo, questa tendenza aumenta esponenzialmente. L’effetto dell’avversione al rischio in strutture complesse, composte di molte persone a diversi livelli, porta un’amplificazione del fenomeno e quindi all’inerzia organizzativa.

Vediamo un esempio che chiarisce il funzionamento di questo meccanismo:

Il Professor Max H. Bazerman tiene un corso di negoziazione presso l’università di Harvard. Il primo giorno di ogni corso inizia così: prende un biglietto da 20 dollari e lo mette all’asta. Ci sono solo due semplici regole :

1) le offerte devono essere effettuate in incrementi di 1 dollaro

2) il secondo classificato dovrà comunque pagare la sua ultima offerta, senza ottenere niente in cambio

Le offerte iniziano e lentamente tutti i partecipanti tranne due si ritirano (verso i 18$), i due rimanenti sanno che chi perde dovrà pagare senza ottenere niente e proseguono con le offerte.

A questo punto la strategia dei due non sarà più orientata alla vittoria, ma alla fuga dalla sconfitta (economia comportamentale – avversione alla perdita http://en.wikipedia.org/wiki/Loss_aversion) . Gli studi sul valore psicologico di perdite e guadagni hanno identificato un rapporto di avversione alla perdita tra 1,5 e 2,5. Questo significa che la motivazione ad evitare una perdita è da 1,5 a 2,5 volte più forte di quella relativa alla ricerca di un guadagno.

Bazerman ha ripetuto questo gioco molte volte ed il biglietto da 20$ non è mai stato aggiudicato per meno del suo valore, raggiungendo in alcuni casi cifre rilevanti (oltre 200$).

La paura di accettare le perdite spinge le persone (e le organizzazioni) a perseguire delle idee che si sono dimostrate superate, sentendosi costrette da decisioni precedenti. Il rapporto di avversione alla perdita dimostra quanto è difficile lasciar andare un progetto per iniziarne un altro potenzialmente migliore.

L’effetto è quello di proseguire con un progetto, valutando i costi già sostenuti come una motivazione, arrivando quindi ad un risultato troppo condizionato dalle scelte passate.

La “maledizione del vincitore” si verifica nelle situazioni competitive, quando un acquirente di successo scopre di aver pagato troppo per un bene di valore incerto (http://www.cs.princeton.edu/courses/archive/spr10/cos444/papers/BazermanSamuelson83.pdf).

Questa situazione si applica ad ogni settore e riguarda costi misurabili, ma anche costi organizzativi, strategici e di rallentamento delle decisioni, che sono difficilmente misurabili.

Chi si occupa di vendite, sopratutto se il prodotto/servizio è complesso ed il ciclo di vendita è lungo, si trova spesso in questa situazione. Un venditore, per ottenere i risultati attesi, deve gestire il suo tempo. Tanto più saranno stati il tempo e l’impegno dedicati a quel ciclo di vendita, tanto più forte sarà la motivazione ed il coinvolgimento emotivo. Questo processo porta di conseguenza ad una sovrastima della percentuale di successo e ad una minimizzazione dei rischi, ed i risultati possibili sono tre:

1) vendita : sacrificando margini, tempo, accettando e nascondendo eventuali rischi.

2) perdita della trattative con difficoltà di recupero dell’investimento materiale ed emotivo

3) ciclo infinito (caso peggiore) : incapace di accettare la perdita, il venditore alimenta l’illusione che l’opportunità sia ancora viva.

Tanto più coinvolta sarà la persona, tanto più difficile sarà rendersene conto; pressione ed emotività aumentano il rischio di errori considerevoli nelle previsioni.

Spesso le organizzazioni sono inconsapevolmente complici, favorendo delle aspettative che hanno un effetto negativo sul risultato finale. Una miglior formalizzazione delle previsioni e dell’attività, una formazione più attenta a tutti i livelli ed una particolare attenzione nell’approccio alla motivazione dei dipendenti (ricordandosi del rapporto di avversione alla perdita), possono minimizzare questi rischi.

Alberto Viotto

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