Che cos’è la comunicazione?
Un processo mediante il quale un emittente stabilisce una relazione con un destinatario, per scambiare conoscenze, convinzioni, emozioni, intenzioni utilizzando un sistema di segni.
Il messaggio orale però viaggia su più canali, coinvolgendo contemporaneamente più sensi e servendosi nello stesso tempo di linguaggi e codici diversi e complessi. Questa complessità ci fa capire che in una comunicazione la codifica e la decodifica non sono mai completamente coincidenti (come nel gioco del telefono senza fili). La distanza tra l’intenzione dell’emittente e la decodifica del ricevente viene amplificata quando codici e modalità non sono completamente condivisi. Chi svolge una professione dove la comunicazione è parte integrante della sua attività ha l’interesse di mettere a suo agio l’interlocutore o la platea, facendosi carico di coprire la distanza culturale.
In un mondo dove entriamo spesso in contatto con persone che parlano altre lingue e provengono da culture differenti, ci capita sempre più spesso di affidarci a strumenti automatici di traduzione come Google Translate o Skype Translator. Ovviamente anche il nostro interlocutore sarà a conoscenza dei limiti di questi strumenti. In realtà anche l’utilizzo di un intermediario che ha studiato la lingua non da sempre buoni risultati.
Chi si presenta di fronte a interlocutori che provengono da ambienti diversi dal proprio deve considerare che la distanza culturale può provocare errori di comprensione, diffidenza e dubbi. Questo vale ancora di più nel caso di comunicazione prevalentemente monodirezionale (corsi, presentazioni) dove il comunicatore non riesce ad avere un feedback immediato e diretto sulla comprensione del messaggio.
La competenza comunicativa è quella capacità che ci permette di ottenere informazioni dalle frasi grazie alla comprensione di alcune parole interpretando il contesto. Nel 1974, l’antropologo Dell Hymes ha sviluppato un modello basato sul concetto che, per parlare correttamente una lingua, non basta conoscere il lessico e la grammatica, ma anche il contesto in cui i termini vengono utilizzati (
http://repository.cmu.edu/cgi/viewcontent.cgi?article=1013&context=english).
A questo proposito ha costruito un modello, rappresentandolo con l’acronimo SPEAKING (spiegato in questo divertente video https://www.youtube.com/watch?v=cniJ6TIjygY), dove elenca gli elementi, le convenzioni ed i codici legati ad una comunicazione orale:
- Situation (ambientazione, scena): il tempo e il luogo dove si svolge il discorso.
- Participants (emittente, mittente, ascoltatore, destinatario): chi parla e chi ascolta.
- Ends (scopi): lo scopo della comunicazione.
- Act sequences (forma e contenuto del messaggio): il significato che assume l’evento in relazione agli altri eventi, la sequenza ed il collegamento delle fasi.
- Key (chiave): la modalità di codifica delle parole (spiritoso, serio, …).
- Instrumentalities (canale): forme di parlata (dialetti, linguaggi professionali, slang).
- Norms (norme di interazione e di interpretazione): convenzioni della comunicazione (durata, modalità,…).
- Genres (generi): es. annuncio, poesia, racconto.
Nella preparazione di un discorso/presentazione è importante verificare di aver preso in considerazione tutti i punti, considerando che l’obiettivo finale è quello di trasmettere un messagio chiaro e comprensibile per un interlocutore che non necessariamente è interessato a fare uno sforzo di comprensione supplementare.
Quando comunichiamo con una persona che appartiene al nostro stesso contesto culturale diamo per scontate molte cose che non possiamo trascurare nella comunicazione con persone che provengono da altri ambienti.
Ogni comunicazione avviene dopo una negoziazione e quindi un contratto di comunicazione. In questa negoziazione i partecipanti si accordano sul funzionamento della comunicazione, sulla struttura dalla relazione e sulla conoscenza del mondo.
Alberto Viotto